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петък, януари 15, 2010
Haiti
Il catastrofico terremoto che si è verificato in questi giorni nell'isola di Haiti con le migliaia di morti che ha causato e gli infiniti danni e devastazioni che ha determinato, i cui effetti drammatici si potranno valutare a pieno solo fra qualche tempo, provoca sicurament in tutti noi il riemergere di domande forse mai del tutto affrontate e tanto meno risolte. Le domande cioè relative al problema del male, del male “ingiusto”, almeno ai nostri occhi, del dolore innocente. Perché? Perché una catastrofe così immane? Perché la terra si ribella all'uomo e sembra quasi, proditoriamente e improvvisamente, tendergli un'insidia così micidiale? E sopratutto perché Dio permette tutto questo? Perché sembra assistere impotente a una così grande tragedia? Perché Dio non interviene? Allora è un Dio crudele? O forse è un Dio impotente? Ma se è un Dio impotente, contraddizione in termini, è un Dio inesistente. Allora la fede è davvero solo l'oppio dei popoli, un mito per addormentare le coscienze? Possiamo ancora credere di fronte a queste tragedie che si susseguono a ritmo anche abbastanza frequente?
Sì possiamo e dobbiamo ancora credere, anzi più che mai.
Questi tragici eventi che ci lasciano sgomenti, in un certo senso, non portano in sé niente di nuovo, nel senso che non implicano interrogativi che già non conosciamo, se non riguardo alle proporzioni.
Questi fatti mettono in evidenza la finitezza della realtà visibile, la limitatezza costituzionale della condizione umana e l'insufficienza della realtà cosmica tutta. Da questa finitezza, da questa limitatezza derivano tutti i mali e tutto il dolore. Che cos'è il cancro che spenge magari una giovane vita? E' la limitatezza di un organismo, di un meccanismo che non riesce a funzionare come dovrebbe. La malattia è un segno di questo limite e in questo senso siamo tutti malati, fin da quando nasciamo, perché prima o poi l'organismo, come qualsiasi altra macchina, si deteriorerà.
In un certo senso il problema non è neppure il male, ma è la condizione umana limitata e limitante. Noi siamo avvolti in un mistero, siamo da una parte grandi di una grandezza sconfinata, sperimentiamo in noi stessi l'infinito e siamo in qualche modo un infinito, ma dall'altra siamo piccoli, limitati, condizionati da mille fattori. Il male che ci insidia è un mistero, ma anche il bene in cui siamo immersi, di cui siamo fatti, è un Mistero.
E' una realtà il male, ma è una realtà incontestabile anche il bene. E' una realtà la morte ma anche la vita, la distruzione ma anche la creazione, il nulla in cui l'uomo sembra cadere, ma anche l'essere in cui abita. Che la realtà ci sia anche questa è una verità incontrovertibile ed esige una spiegazione. Allora qual'è l'atteggiamento ragionevole di fronte a queste tragedie e agli interrogativi che esse pongono?
Non è né quello degli amici di Giobbe caratterizzato da spiegazioni troppo facili, da una teologia molto proclamata, ma poco vissuta, né quello della ribellione, della contestazione e della disperazione del primo Giobbe. L'atteggiamento ragionevole è quello dell'ultimo Giobbe, l'atteggiamento di umiltà, di fronte alla realtà più grande di noi che noi non possiamo misurare, quello di chi riconosce il Mistero e vi si apre fiducioso anche se non comprende tutto.
Rileggiamo quel brano così commovente e toccante:
[1]Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:
[2]Chi è costui che oscura il consiglio con parole insipienti? [3]Cingiti i fianchi come un prode, io t'interrogherò e tu mi istruirai. [4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! [5]Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la misura? [6]Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, [7]mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio? [8]Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, [9]quando lo circondavo di nubi per veste e per fasce di caligine folta? [10]Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e porte [11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde». [12]Da quando vivi, hai mai comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora, [13]perché essa afferri i lembi della terra e ne scuota i malvagi? [14]Si trasforma come creta da sigillo e si colora come un vestito. [15]E' sottratta ai malvagi la loro luce ed è spezzato il braccio che si alza a colpire. [16]Sei mai giunto alle sorgenti del mare e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? [17]Ti sono state indicate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra funerea? [18]Hai tu considerato le distese della terra? Dillo, se sai tutto questo! [19]Per quale via si va dove abita la luce e dove hanno dimora le tenebre [20]perché tu le conduca al loro dominio o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa? [21]Certo, tu lo sai, perché allora eri nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande! [22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve, hai mai visto i serbatoi della grandine, [23]che io riserbo per il tempo della sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia? [24]Per quali vie si espande la luce, si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
(Gb 38,1-24)
Mi sembra che possa offrire un notevole aiuto in questa nostra sofferta ricerca della speranza una pagina del CdA “La Verità vi farà liberi”:
Lo scandalo del male [370] La fede nella Provvidenza è messa a dura prova dallo scandalo del male: dov’è Dio, quando i cataclismi della natura, le guerre, la fame e le malattie fanno strage di intere popolazioni? perché i giusti e gli innocenti soffrono, mentre i malvagi trionfano? La protesta ha assunto, fin dall’antichità, una forma logica serrata con il filosofo Epicuro: “Dio o vuole togliere il male e non può; o può e non vuole; o non vuole e non può; o vuole e può. Se vuole e non può, è debole; se può e non vuole, è malevolo; se non vuole e non può, è malevolo e debole; se vuole e può, come si addice a lui, perché esiste il male e Dio non lo elimina?”.Occorre una risposta articolata. Ma viene subito in mente un’osservazione: Dio è misterioso e le sue vie rimangono nascoste, ma negare Dio significa rinunciare alla speranza di superare il male, rassegnarsi alla sconfitta definitiva.
[371] Nella Bibbia, il libro di Giobbe demolisce le facili spiegazioni teologiche, “sentenze di cenere”, “difese di argilla” (Gb 13,12); ma, nello stesso tempo, rimprovera chi vuol mettere sotto processo la Provvidenza. L’uomo è troppo piccolo davanti a Dio: vede solo le frange delle sue opere e ode appena un sussurro della sua potenza; gli sfugge il disegno totale della creazione: “Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza! Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la misura? Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio? Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, quando lo circondavo di nubi per veste e per fasce di caligine folta?... Sei mai giunto ai serbatoi della neve, hai mai visto i serbatoi della grandine?...Per quali vie si espande la luce, si diffonde il vento d’oriente sulla terra?... Ha forse un padre la pioggia? O chi mette al mondo le gocce della rugiada?... Vai tu a caccia di preda per la leonessa e sazi la fame dei leoncini, quando sono accovacciati nelle tane o stanno in agguato fra le macchie? Chi prepara al corvo il suo pasto, quando i suoi nati gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di cibo?” (Gb 38,4-9.22.24.28.39-41). Dio è infinitamente grande e non c’è da sorprendersi che risulti anche misterioso. Sono fuori luogo sia i tentativi di giustificarlo, sia quelli di accusarlo. L’atteggiamento corretto davanti a lui è l’umile e fiducioso abbandono: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te” (Gb 42,2).
L’origine del male [372] Tuttavia il male ci investe da ogni parte, in molte forme: disgrazie, violenze, malattie, miseria, oppressione, ingiustizia, solitudine, morte. Non possiamo evitare la domanda: da che cosa dipende questa infelice situazione? perché l’uomo è soggetto alla sofferenza? Molti mali derivano senz’altro dai limiti naturali, dall’inserimento nel mondo. Partecipando a un processo evolutivo globale, l’uomo nasce, si trasforma e muore come gli altri esseri della natura. Può ricevere la vita solo a frammenti. La precarietà della condizione creaturale viene poi aggravata da innumerevoli colpe personali, che procurano più o meno direttamente una infinità di guai, a sé e agli altri: basti ricordare i danni recati alla salute, le storture della convivenza sociale, le guerre.
[376] Dio non impedisce il male; ma ne trae il bene. Il suo atteggiamento si rivela definitivamente nella croce di Gesù Cristo. Egli ama appassionatamente gli uomini, fino a prendere su di sé il peso della loro miseria come fosse la propria. È vicinissimo anche quando sembra assente. Dal delitto più grande, che è la crocifissione di Gesù, trae il più grande bene, che è la sua risurrezione e la nostra redenzione. Fa crescere nella prova l’amore più puro, che riscatta i peccatori dalle loro colpe. Conduce infine alla vittoria e alla liberazione completa: Cristo “vince il peccato con la sua obbedienza fino alla morte e vince la morte con la sua risurrezione”. In Cristo acquista senso anche ciò che non ha senso: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). La Provvidenza “non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande”.
Tutto il mistero psquale di Gesù ci rivela proprio questo. Gesù non ha eliminato il male ma ha preso su di sé il male del mondo. Gesù, come dice il CdA, ha dato un senso anche a ciò che non ha senso. Particolarmente nel quarto vangelo Gesù parla spesso della sua ora ientificando in essa sia l'ora della sua pasione e morte sia l'ora della sua risurrezione. La sua morte coincide, dunque, con la sua gloria e la gloria nella Bibbia è la manifestazione della presenza salvifica di Dio. Egli così ha trasformato la fine in un inizio, anzi, come afferma Gesù sulla croce, in un compimento glorioso. Sulla croce Gesù morente dice, infatti:”Tetelestai”, tutto è compiuto, che però forse si potrebbe tradurre meglio: “Tutto ha raggiunto il suo “télos”, il suo fine, il suo scopo cioè la salvezza. Gesù dunque, proprio mediante la sua morte, trasforma la morte in vita, l'ora della croce nell'ora della gloria, la massima tragedia della crudeltà e dell'odio nella manifestazione suprema dell'amore. Egli, ed egli solo ha il potere, come dice S. Giovanni Crisostomo, di trasformare la croce in una festa.
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